
Ju-Jitsu:
“Arte della Cedevolezza”
Il Ju-Jitsu, “Arte della cedevolezza” o più comunemente “Arte Dolce”, è una delle più antiche arti marziali
giapponesi di difesa personale a mani nude.
L’inizio della codificazione della lotta a mani nude non ha, in Giappone, una data certa.
Il suo sviluppo fu legato all’accrescimento delle necessità belliche, sia d’offesa che di difesa, del popolo.
Nel corso dei secoli ci fu, quindi, un’evoluzione e un adattamento alle necessità dell’epoca.
Infatti, durante tutto il periodo del Medioevo giapponese, sino al decreto imperial del 1876 che privava i
Samurai del diritto di portare la Katana e il Waki-zashi, la definizione di Ju-Jitsu si attribuiva genericamente
alla forma di combattimento a mani nude, e in alcuni casi con armi, praticate all’interno di una moltitudine
di Ryu disseminate per il Giappone.
La codificazione piu’ antica di una forma di combattimento in Giappone riguarda il Sumo, la tradizionale
lotta legata ai riti dello Shinto, ma nell’epoca Kamakura(1185-1333) i Bushi rielaborarono delle tecniche di
comabattimento senza armi efficaci anche contro un avversario che invece ne fosse stato equipaggiato,
derivanti dall’antica arte del Kumi Uchi e dal Tai Jutsu, di cui non si hanno notizie certe, che presero appunto
la denominazione Ju-Jitsu.
In pratica il Ju-Jitsu serviva al Bushi, o meglio al Samurai, per giungere all’annientamento fisico
dell’avversario e spesso alla sua morte senza l’uso di armi.
La diffusione dei Ryu di Ju-Jitsu in tutto il Giappone ebbe origine fondamentalmente dai Ronin, che non
avendo un’occupazione stabile presso uno Shogun o un Daimyo, creavano un Ryu e divulgavano la loro
conoscenza marziale e l’esperienza di combattimento reale maturate sui campi di battaglia.
Purtroppo divenne anche un terribile strumento d’offesa per chi usava quest’Arte in modo improprio, come
briganti ed assassini, e quindi la gente commune aveva una pessima opinione del Ju-Jitsu, ritenendolo uno
strumento di violenza .
Alla fine del XIX secolo, con il progresso e la diffusione delle armi da fuoco, lo studio e la pratica del Ju-Jitsu
perse in larga parte la sua importanza e utilità effettiva: stave scomparendo.
Per fortuna parecchi Ryu sopravvissero a questo periodo, riscoprendo uno spirito nuovo.
Il Ju-Jitsu si rigenerò tornando a essere apprezzato come disciplina non solo marziale ma di vita, ritrovando
quei valori morali ed etici che si erano persi nel tempo.
In Italia fece la sua prima apparizione nel 1908, nel corso di una dimostrazione tenuta da due sottoufficiali
della regia marina, che lo avevano appreso durante il loro servizio in Estremo Oriente.
Ma oltre a suscitare un grande interesse, non fece molto altro.
Fu Carlo Oletti che riuscì a inserire tra gli sport alla Scuola centrale di educazione fisica per l’esercito, anche
il Ju-Jitsu, nel 1921.
Nel 1925 gli esperti cultori di Ju-Jitsu si riunirono con quelli di Judo e fondarono la Federazione Italiana
Ju-Jitsu e Judo.
Nel 1947 il Judo si stucco dalla federazione perchè integrato dal CONI come disciplina sportiva.
Il Ju-Jitsu manteneva invece i presupposti prettamente legati allo spirito originale della disciplina: la difesa
personale e il combattimento.
Tra le scuole si distinse quella del Maestro Gino Bianchi, esperto e studioso di Ju-Jitsu che codificò un
programma tecnico a uso dei praticanti: il cosidetto “metodo Bianchi”.
Il Ju-Jitsu è un'Arte Marziale completa.
Si basa sul principio di vincere l'avversario con Ogni mezzo e con il minor dispedio
di energie. L'armonia e la grazia controllano la forza bruta dell'avversario, che quindi
viene sfruttata a proprio favore.
E' proprio la Cedevolezza a contraddistinguere il Ju-Jitsu.